Point Break – Punto di rottura, recensione di Biagio Giordano

Point Break – Punto di rottura, di Kathryn Bigelow, con Patrick Swayze, Keanu Reeves, produzione Usa, anno 1991, genere thriller, durata 122 minuti.
Agente della Polizia (Keanu Reeves) s’infiltra in gruppo di surfisti per trovare 4 criminali professionisti che, mascherati da ex presidenti degli Stati Uniti d’America, rapinano alcune banche di Los Angeles, essi lo fanno senza uccidere né terrorizzare i presenti, riuscendo però, dopo il colpo, a far perdere le proprie tracce con geniale abilità.
L’agente scoprirà a sorpresa un altro mondo, fatto di modi di vivere lontani da ogni idea di crimine fine a se stesso, una realtà animata da filosofie affascinanti che non si separano mai da un costume coerente, trasgressivo, ricercato e amato in un presente dove l’utopia appare come già realizzata. L’agente ne rimarrà coinvolto fino in fondo, fino a vivere drammaticamente il contrasto finale, la scissione che deriva tra la sua funzione punitiva e la scoperta di un ambiente che lo affascina.
Grande regia con una fotografia di alta professionalità per idee e mezzi tecnici messi in campo. Il dinamismo narrativo regalato dalle macchine da presa lascia stupiti per il sostegno che procura alla scorrevolezza di scrittura della storia e interesse visivo dei contenuti, una cattura ipnotica dello spettatore che mai accenna a calare di intensità grazie a una ispirazione inventiva di blocchi narrativi (frasi visive) della regista sempre sopra le righe.
Le riprese delle cadute dagli aerei dei protagonisti, per gioco, con paracaduti sportivi, sono stupefacenti, scene senz’altro da cinetica di alta qualità.
Film promosso generalmente dalla critica di tutto il mondo. Thriller spettacolare che riesce a non essere banale nei concetti che tratta.
Biagio Giordano

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Point Break – Punto di rottura, recensione di Biagio Giordanoultima modifica: 2019-04-17T11:07:20+02:00da biagiord
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