Una sola verità, recensione di Biagio Giordano

Una sola verità, di Rod Lurie, con Kate Beckinsale, Matt Dillon, USA, 2015, drammatico, 108 minuti
Per aver pubblicato sul giornale in cui lavorava l’identità di un agente-spia sotto copertura della Cia, nonché i contenuti di una sua compromettente missione all’estero, la giornalista Rachel Armstrong viene mandata a processo. Rifiutatasi di dichiarare alla corte la fonte da cui aveva attinto quella notizia, Rachel viene pesantemente condannata.
Il film rappresenta un dramma giudiziario ben riuscito riguardante il conflitto tra libertà di stampa e ragion di Stato. Il film si cala anche sulla teoria del caos, intesa su alcune sue pieghe pratiche come irrazionalità causale, ossia, incalcolabilità degli eventi, loro imprevedibilità, in questo caso entrata in possesso fortuita di notizie scottanti, in questo caso una scuola elementare. Là dove la figlia della giornalista Rachel condannata per aver messo in pericolo la nazione ha come compagna d’aula proprio la figlia dell’agente Cia di cui tratta il film.
Il film ha un gran ritmo, e suscita un forte interesse per il racconto che propone, per quasi tutta la durata della pellicola; i conflitti messi in campo nati da eventi casuali sono sempre ben delineati nel loro svolgersi oggettivo, seppur a volte macchiati qua e là da un soggettivismo alla ricerca di spettacolo fine a se stesso.
Un gran film, per tutti, che si muove tra diritto all’applicazione dell’etica dello Stato e il diritto, (spesso dalle apparenze inconciliabili con le istituzioni di governo), alla conoscenza più ambita, cioè all’apprendimento di ogni piega del comportamento all’estero dello Stato soprattutto là dove è destinato a far scorrere del sangue.
Un film che lascia intravedere i paradossi legati all’azione della sicurezza di Stato, alle sue regole, ai suoi risultati, così spesso avvolti dall’assurdo più illogico, che caratterizza il movimento bizzarro della fortuna e della sfortuna nelle situazioni più disparate e inimmaginabili.
Ottima nel film la fotografia, che gioca in modo magistrale con le allusioni prospettiche delle tre dimensioni rilasciando forti emozioni scopiche: sulle profondità dello spazio e artistiche sugli enigmi del tempo.
Buona la sceneggiatura, che sa fondere, senza creare storture percettive, dramma e ironia, quest’ultima appare piacevolmente un po’ a denti stretti quando la sorte è avversa.
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Una sola verità, recensione di Biagio Giordanoultima modifica: 2019-04-21T16:17:13+02:00da biagiord
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