First man, recensione di Biagio Giordano

First man, 2018, USA, drammatico, di Damien Chazelle, Ryan Gosling, Claire Foy, Pablo Schreiber, Jason Clarke
L’astronauta lunare Neil Armstrong (Ryan Gosling) entrò nella Nasa nel 1962. Dopo varie missioni Gemini non prive di numerose inconvenienti, e finalizzate a risolvere i problemi di aggancio meccanico nello spazio tra diversi veicoli spaziali, passò all’ambizioso progetto Apollo con buone credenziali. Il piano spaziale Apollo era finalizzato allo sbarco di uomini sulla Luna, con compiti di esplorazioni scientifiche e raccolta di materiale terroso.
Il progetto prevedeva in tutta la sua fase attuativa meccanismi operativi semplici ma di grande precisione. Il veivolo spaziale con tre uomini a bordo, attrezzato per raggiungere la Luna, una volta rotto il legame con l’orbita terrestre avrebbe dovuto sganciare il Lem (la navicella che come previsto doveva atterrare sulla superficie lunare con due uomini a bordo) e riagganciarlo rovesciato, mettendolo cioè nella miglior posizione possibile per l’atterraggio. Una volta entrato nell’orbita lunare e individuata l’area di atterraggio il veivolo spaziale avrebbe sganciato il Lem con i due uomini a bordo e lasciato a loro la guida per lo sbarco sul suolo lunare. A fine missione sulla Luna, il piano prevedeva la ripartenza del Lem con sgancio a razzi propulsivi della capsula di comando situata sopra la struttura di base a 4 piedi. Dopo di che una volta entrato nell’orbita lunare il Lem avrebbe cercato l’aggancio con il veivolo spaziale rimasto in orbita in sua attesa. Una volta avvenuto l’aggancio e liberatisi del Lem, si sarebbe usciti dall’orbita lunare, e puntato diritto verso la Terra, sulla quale il veivolo sarebbe caduto in mare, paracadutato.
Il piano riuscì. L’Apollo 11, il 20 luglio 1969, atterrò sulla Luna e il primo uomo a mettere piede sul satellite fu proprio Neil Armstrong.
Non fu per niente un atterraggio facile, in quanto la zona in cui si trovavano negli ultimi momenti prima dell’atterraggio, non era quella prevista, e si presentava irta di pericoli, per lo più dovuti a crateri di varia grandezza, minute e improvvise pendenze, massi di pietre di diverso formato sparsi un po’ dovunque. Il computer di bordo, all’avanguardia per quei tempi ma rispetto ad oggi molto rudimentale, non aveva funzionato a dovere. Armstrong, d’accordo con il controllo missione da Terra, negli ultimi minuti prima dell’atterraggio escluse il computer, e prese il comando manuale della navicella, e con i pochi secondi di carburante a disposizione, riuscì ad individuare in tempo una porzione di superficie adatta all’atterraggio. Per gli ascoltatori di tutto il mondo, in contatto diretto con gli Stati Uniti la vicenda fu, dal punto di vista delle sensazioni provate, una vera e propria maratona emotiva potenziata da uno sfondo che annunciava un probabile dramma epocale.
Quella lunare, è stata appunto un’impresa per niente scontata. Nella fase di esercitazione diversi furono i morti per inconvenienti accidentali, e tanti i fortunosi scampati pericoli di morte nelle esercitazioni, di cui alcuni riguardanti proprio Armstrong. Tanti anche i fallimenti, scoraggianti, delle missioni Gemini propedeutiche alla missione finale Apollo. E per finire, da sottolineare i proibitivi costi in dollari della missione che raggiunsero via via cifre sempre più esorbitanti tanto da attirare l’attenzione delle associazioni americane dedite alla difesa delle classi sociali più deboli, che si riversarono con i loro numerosi membri nelle piazze richiedendo la sospensione dei programmi spaziali e più soldi per il welfare.
Da evidenziare anche, come nonostante i grandi successi nella calcolistica automatica delle rotte e dei luoghi di atterraggio, l’abilità dei piloti di fronte a un imprevisto serio, capitato nella fase di arrivo sul suolo lunare, sia risultata tutto sommato decisiva.
Il film cura molto. in quanto spettacolo cinematografico, la presentazione degli aspetti più impressionanti sul piano dei sensi delle varie fasi legate al progetto Apollo, facendo entrare lo spettatore nel vivo delle tensioni vissute dai piloti all’interno delle cabine spaziali, sia nelle fasi preparatorie all’impresa che nell’impresa finale stessa, e lo fa bene grazie agli effetti audio ampliati e dilatati nel tempo, come gli assordanti rumori dei propulsori accesi, il sordo e a volte sinistro rimbombo metallico degli agganci tra veicoli nello spazio, lo stacco assordante degli stadi nei minuti successivi al lancio, gli allarmi acustici degli strumenti di bordo in primo piano indicanti avarie o attenzioni da prestare. Lo spettatore ha la sensazione di stare accanto ai piloti nei loro momenti di maggior ansia nello spazio e di condividerne le attese.
Film che nonostante si conosca già la storia, riesce a dare emozioni forti, in virtù di invenzioni tecniche e modi espressivi originali e di sicuro effetto, tra cui spicca appunto il linguaggio sonoro, che colpisce gli organi sensoriali dello spettatore con una modulazione intelligente dei toni come mai è accaduto nella storia del cinema dello stesso genere.
Biagio Giordano thMAJZ0CHS

First man, recensione di Biagio Giordanoultima modifica: 2019-04-27T09:27:47+02:00da biagiord
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