La sindrome di Stendhal, recensione di Biagio Giordano

La sindrome di Stendhal, di Dario Argento, con Asia Argento, Thomas Kretschmann, produzione Italia, genere thriller, anno 1996, durata 120 minuti.
Una giovane poliziotta, Anna Manni (Asia Argento), appartenente alla squadra antistupro, viene inviata a Firenze per fornire indizi su un serial killer che stupra e uccide le donne, l’assassino le sceglie in base al tipo di fantasma inconscio che esse suscitano in lui attraverso: il comportamento, li sguardi, i tratti somatici del viso della donna.
Entra in scena quel fantasma psichico che meglio si lega alle pulsioni omicide che animano il suo inconscio autorizzandone la soddisfazione per via di senso di onnipotenza etica.
Durante una visita al museo degli Uffizi, Anna viene letteralmente sconvolta da un quadro di Bruegel intitolato La caduta di Icaro, accusando simultaneamente alcuni sintomi psichiatrici tipici de La sindrome di Stendhal, come: giramenti di testa, vertigini, deliri, e svenimento.
La sindrome porta il nome di Stendhal perché viene descritta, in alcuni suoi aspetti costitutivi, dallo stesso scrittore in un suo diario di viaggio in Italia, (un paese che amava moltissimo), che riportava sensazioni vissute a Roma, Napoli, Firenze.
Un giorno, quando lo scrittore francese uscì dalla famosa chiesa di Santa Croce a Firenze, ancora sotto l’effetto delle meraviglie artistiche della Basilica, ebbe un malessere caratterizzato da tachicardia, senso di inaridimento dei sentimenti, barcollamento nel camminare.
La poliziotta Anna rimasta a terra svenuta nel museo viene soccorsa da un giovane, che però risulterà essere uno psicopatico assassino.
Portata in una abitazione, la poliziotta viene poi stuprata e tenuta prigioniera. Sarà l’inizio per Anna di un travaglio senza fine che la ridurrà in condizioni esistenziali disperate.
Il male vince, seppur colui che maggiormente lo incarnava nel film finisca ucciso dalla stessa Anna. Anna diventa irriconoscibile, la sua femminilità scompare, travolta da un masochismo che ha risvolti anche sadici e che la porta a sua volta a commettere delitti atroci.
Il maschilismo patologico e psichiatrico si rivelerà una forza horror in grado di ridurre una donna delle istituzioni della sicurezza alla follia. Il pessimismo di Dario Argento è palese, sullo sfondo di ogni suo film, si possono leggere tra le righe le costanti di credenze in mali umani estremi, folli, che prima di estrinsecarsi vero l’esterno si coltivano, si consolidano internamente fino alla loro accettazione da parte della coscienza.
Biagio Giordano

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La sindrome di Stendhal, recensione di Biagio Giordanoultima modifica: 2019-05-05T17:27:22+02:00da biagiord
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