In ostaggio, recensione di Biagio Giordano

In ostaggio, di Pieter Jan Brugge, con Robert Redford, Wilem Dafoe, Helen Mirrer, produzione Usa-Germania, anno 2004, genere psico-thriller, durata 95 minuti. Sceneggiatore Justin Haythe
Il film trae ispirazione da un fatto vero accaduto in Olanda tempo fa anziché negli Stati Uniti.
Talentuoso industriale statunitense di nome Wayne Hayes (Robert Redford), di umili origini, sposato con figli, diviso affettivamente tra la intelligente moglie Eileen (Helen Mirrer) e una cara amica bisognosa di aiuto, esistenzialmente inquieto e psicologicamente molto problematico per via di un passato che la povertà ha complicato, è preso di mira da un suo ex dipendente (Wilem Dafoe), a suo tempo licenziato, l’uomo invidia la vita del ricco Wayne giudicata non per quello che effettivamente è, ma per come lui se la immagina, cioè felice.
Wayne viene a un certo punto da lui rapito e, sotto la minaccia di una pistola, portato poi a piedi in un bosco. I due devono raggiungere un punto di ritrovo situato molto in alto, in un capanno, dove sono attesi da altri complici del rapinatore.
Il lungo percorso vede protagonisti dialoghi impregnati di odio e di risentimenti, caratterizzati da una sincera seppur violenta sincerità. Emergono odi di classe, invidie verso la ricchezza sia quella di origini legali sia quella non, fantasmi inconsci aggressivi basati sulla presunta facilità di rapporti del ricco con le persone, filosofie etiche sulla ricchezza giusta e quella ingiusta, confessioni sulla fragilità del ricco nell’affrontare la vita quando essa chiede attraverso persone in grosse difficoltà qualcosa che il benestante non può dare.
Un dialogo attraversato anche da equivoci di ogni genere sia sullo stato psicologico ed esistenziale di uno che dell’altro. Per Wayne verrà chiesto alla famiglia un riscatto in dollari molto alto, ma una tragedia sfiorata e una compiuta renderanno i soldi della liberazione, alla fine effettivamente sborsati dalla famiglia, inutilizzabili: sia per sensi di colpa legati alla responsabilità di quanto accaduto che per bisogno pratico di punizione da parte del rapitore che a causa di ciò cadrà facilmente nella trappola tesa dalla polizia.
Splendido thriller psicologico, che sa fondere i dialoghi teatrali che lo caratterizzano con atmosfere di suspense ben costruite nella sceneggiatura e nella pratica. Eccellente quindi sceneggiatura, che vale da solo trequarti del film: per sapienza dei dialoghi impostati, per verismo espressivo immaginato e suggerito per la recita, per intrecci ad ellissi ben dosati che suscitano una curiosità intensa e sana la cui sete si soddisferà, rilasciando commozioni indicibili, solo negli ultimi secondi del finale.
Buona regia. Preoccupante fiasco al botteghino, aspetto questo che preannuncia nuove mentalità in arrivo: sdegnose di tutto ciò che nel cinema da intrattenimento fa anche cultura?
Biagio Giordano


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In ostaggio, recensione di Biagio Giordanoultima modifica: 2019-06-23T18:04:49+02:00da biagiord
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