Mulholland Drive, recensione di Biagio Giordano

Mulholland Drive, produzione Francia Usa, durata 146 minuti, anno 2001, genere thriller, regia di David Lynch, con Naomi Watts, Laura Elena Harring, Justin Theroux, Ann Miller.
Los Angeles, via Mulholland Drive (strada famosa per le numerose ville delle star del cinema hollywoodiano). Scampata a un omicidio e a uno spaventoso incidente stradale una donna rimasta senza memoria a causa dello shock (Laura Elena Harring), scende di sera barcollante verso la città e si rifugia in una casa. L’appartamento è dei genitori, assenti, della ambiziosa Betty (Naomi Watts) aspirante attrice, appena arrivata a Los Angeles. La donna si farà chiamare Rita.
Aiutandola ad indagare sul suo passato Betty si innamora di lei e scopre un segreto pauroso che renderà ancora più precaria la vita di Rita. Nella seconda parte del film, in seguito all’apertura di una misteriosa scatola bleu i ruoli dei personaggi si capovolgono, e Betty diventa Diane una attrice frustrata dal successo della sua amante Camilla la quale altro non è che la precedente Rita.
Le due donne continuano ad amarsi finché un giorno Camilla comunica a Betty che devono lasciarsi perché lei ha deciso di iniziare una intrigante relazione con il suo regista (Justin Theroux). Betty non ci sta e paga un killer per eliminarla, ma la scelta, tragica, porterà alla rovina anche lei …
Film che rappresenta un po’ la summa delle migliori tecniche linguistiche cinematografiche, soprattutto per quanto riguarda la capacità di sostituire la parola con l’immagine in movimento, aspetto che in questo film appare del tutto riuscito in quanto la pellicola riesce a dare maggior spessore sensoriale portando a dire e a fare (provocazione visiva) molto più del solito convenzionale: aprendo cioè brecce in una parte del sistema psichico percettivo dello spettatore fino a quel momento rimasto inutilizzato.
Nel film la funzione tempo non è più cronologica, cioè non si sa mai in quale punto del racconto lo spettatore si trovi rispetto a una presunta circonferenza temporale costituente la stessa narrazione, inoltre sogno e realtà non sono mai distinti e ciò consente di spezzare ogni linearità di senso a vantaggio della comprensione di logiche più soggettive, sintomatiche, inconsce, atemporali, che animano i personaggi. Nel film i meccanismi del desiderio e dell’odio si articolano con maggiore lucidità comunicativa rispetto alla parola scritta, mostrandosi in tutta la loro forza su un piano raffigurativo altro, insolito, situato tra i sintomi nevrotici e quelli legati alla psicotizzazione della vita stessa.
Biagio Giordano

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Mulholland Drive, recensione di Biagio Giordanoultima modifica: 2019-07-13T15:30:20+02:00da biagiord
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