John Q. recensione di Biagio Giordano

John Q. di Nick Cassavetes, con Denzel Washington, Robert Duvall, paese Usa, anno 2001, genere drammatico, durata 111 minuti.
John (Denzel Washington) è un socievole operaio di colore, lavora in una fabbrica americana di manufatti. L’azienda vive però un momento non favorevole, attraversa una grave crisi di mercato, che la costringe a ridurre ai propri dipendenti le ore di lavoro.
La famiglia di John affronta dignitosamente il problema, rimane unita perché permeata di amore, essa sembra in grado di resistere anche a lungo alla non facile situazione economica. L’umorismo e l’allegria continuano a farla da padroni.
Durante una partita di baseball, tuttavia, il figlio piccolo Michael viene colto da un malore improvviso, e quindi ricoverato urgentemente all’ospedale, gli verrà diagnosticata una grave malformazione cardiaca: un’insufficienza cardiorespiratoria dovuta a un cuore molto ingrossato che interferisce con gli altri organi del torace.
I suggerimenti proposti dai medici sul caso, lasciano la famiglia costernata, da una parte si prospetta un trapianto di cuore, dall’altra l’ipotesi di lasciar morire lentamente il paziente rinunciando ad ogni intervento.
Il trapianto viene inizialmente sconsigliato perché troppo pericoloso, ma di fronte alla morte certa del piccolo la famiglia viene infine convinta dal primario a tentare la difficile operazione. La famiglia però si trova subito davanti a un grosso problema: l’assicurazione sanitaria di John non copre le spese previste, in quanto l’istituto privato di previdenza aveva ceduto la proprietà a un altro ente che aveva ridotto i massimali di rischio senza avvertire la famiglia.
Nasce quindi un grosso problema, certamente della massima gravità con in gioco la vita del piccolo. L’assicurazione sanitaria, è disposta a concedere alla famiglia solo 20.000 dollari, a fronte dei 250.000 necessari. L’ospedale è intransigente, per andare avanti nella procedura per il trapianto, esige di avere subito tutta la cifra in contanti.
John non si arrende, vende molti suoi beni, chiede prestiti in denaro agli amici, ma non raggiunge la somma necessaria per il trapianto.
Disperato, l’uomo costringe il primario, con la forza, a un drammatico colloquio a due, giocando la carta della compassione. Implora il chirurgo di intervenire per senso di fratellanza umana: quindi di eseguire il trapianto senza la somma richiesta, contando sul fatto di trovare soddisfazione nel dare aiuto a una famiglia per bene, relegata dal destino a vivere solo del proprio lavoro. Il chirurgo, impaurito e indignato, non cambia idea, consapevole che se avesse ceduto per compassione, avrebbe creato un pericoloso precedente all’ospedale.
John però non ci sta, travolto dallo sconforto, tira fuori una pistola (che poi si rivelerà essere scarica) e sequestra il chirurgo, nonché il personale e i pazienti del pronto soccorso ivi presenti.
Il ricatto appare subito chiaro: concedere la libertà degli ostaggi in cambio della gratuita operazione al cuore del figlio. Il terrore della pistola costringe l’ospedale a portare avanti la richiesta di John, ma manca però un cuore da trapiantare, al che John decide di uccidersi in modo da consentire ai medici di prelevare il suo cuore, un organo che seppur appartenente ad un adulto può essere inserito nel torace gravemente deformato del figlio. Nel frattempo la polizia cerca di uccidere John con il corpo specialistico dei tiratori scelti, ma senza riuscirci.
Il gesto estremo suicida di John coricato sul lettino, con la pistola alla tempia, viene fermato pochi istanti prima che il grilletto venga premuto, grazie alla conferma dell’arrivo in ospedale di un organo compatibile per il trapianto del figlio. L’organo, grazie anche all’abilità di John nel mettere fuori gioco un cecchino e di tenere tutti sempre sotto tiro, viene finalmente trapiantato al piccolo Michael salvandogli la vita.
In seguito John, raggiunto lo scopo, si arrende alle forze dell’ordine e viene arrestato. Diventa, grazie alla risonanza messa in campo dai media, un eroe: un testimone-vittima di un servizio sanitario privato in buona parte cinico, disumano, disattento a quei problemi di insufficienza sanitaria che affliggono i poveri che pur pagano l’assicurazione con le trattenute sullo stipendio, e che non sanno che in caso di necessità cliniche gravi le coperture terapeutiche non ci saranno se non in minima parte.
Il tribunale capirà le angosce che hanno stravolto il comportamento dell’imputato John, e grazie all’impossibilità di uccidere gli ostaggi con una pistola che era scarica, avrà pene minime.
Film di denuncia sulle gravi carenze sanitarie che affliggono gli Stati Uniti, i cui enti privati preposti, trascurano vergognosamente di rispettare la dignità delle classi proletarie, ad esempio non informandole adeguatamente dei rischi che corrono con i bassi massimali assicurativi presenti nelle loro polizze: spesso del tutto insufficienti.
Commento. La drammatizzazione del film è ampiamente riuscita, grazie all’effetto di vero trasmesso da un grande attore quale è Denzel Washington e a una sceneggiatura sobria ma sostanziosa, a cui si è riusciti a dare nella sua realizzazione un ritmo e un movimento vorticoso: che evocano una situazione molto tesa ricercata dal regista per gran parte del film.
Regia impeccabile. Fotografia con un linguaggio compositivo che lascia stupiti, sopratutto per come riesce a mettere la parola in un angolo, sostituendola adeguatamente con il linguaggio iconico.
Biagio Giordano

John Q. recensione di Biagio Giordanoultima modifica: 2019-12-16T18:54:13+01:00da biagiord
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