Il gatto dagli occhi di Giada, recensione di Biagio Giordano

Il gatto dagli occhi di Giada, di Antonio Bido, con Corrado Pani, Paola Tedesco, Franco Citti. Italia 1977, genere thriller, durata 104 minuti.

 Unica testimone dell’omicidio di un farmacista notturno, giovane e bella attrice rischia di essere uccisa da ignoto. Inizia una catena di efferati delitti, in un primo momento attribuiti a un evaso dal carcere:  il cui movente omicida poteva riguardare la vendetta su dei giurati che, secondo l’evaso, lo avrebbero ingiustamente condannato per omicidio a 15 anni di carcere.

Lontano dallo stile di Dario Argento, Antonio Bido si fida ancora del giallo classico all’italiana appoggiandovisi per stile e idee, fa solo, nel suo film, alcuni innesti innovativi, come quando si dilunga nelle scene di suspense con ricchezza di dettagli metonimici che elevano le emozioni in gioco.

Bido nel linguaggio fotografico riforma con molta prudenza, dando molto peso alla sceneggiatura, cui affida in gran parte la responsabilità della riuscita o meno del film.

Il gatto dagli occhi di giada (il titolo riguarda  nel film un dettaglio:  un pupazzetto che immette per metonimia lo spettatore nel significato parziale, enigmatico di quanto accade) è un’altra perla del cinema italiano degli anni ’70, creata in una atmosfera cinematografica generale che rifrequentandola virtualmente rivedendo i film, non finisce a tutt’oggi di stupire per quantità di bravi registi e suggestive ispirazioni  che animano le sceneggiature.

Biagio Giordano

 

Il gatto dagli occhi di Giada, recensione di Biagio Giordanoultima modifica: 2020-03-11T13:07:51+01:00da biagiord
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