Indiana Jones e il tempio maledetto, recensione di Biagio Giordano

Indiana Jones e il tempio maledetto, di Steven Spielberg con Harrison Ford, Kate Capshaw, Usa, 1984, Avventura, 118 minuti

Secondo episodio di Indiana Jones: ritmo travolgente, invenzioni sceniche a non finire, originalità di inquadrature molto apprezzabili, scena nel Tempio col rito del sacrificio umano (e strappo del cuore dal torace del sacrificato da parte del sacerdote), di grande effetto: è stata costruita in maniera tale, (grazie a riprese fotografiche eccezionali per angolazioni e sapiente uso degli obiettivi in un ambiente già di suo dotato di alta suggestionabilità), da rilasciare una drammaticità tanto impregnata di oscurità ritualistica quanto emozionante.
Film d’avventura tra l’India e Shanghai, godibile non solo dagli adolescenti ma anche da tutti coloro che amano le tecniche della fotografia cinematografica, in questo film veramente dotte e seducenti, sempre in primo piano tra le righe narrative del film.
Grande budget per un film indimenticabile, frutto dell’opulenza finanziaria occidentale, ancora lontana negli anni ’80 dalle grandi crisi economiche di fine secolo e dei primi decenni del terzo millennio, che scoraggeranno in seguito dal fare film come questi: in quanto considerati veri e propri inni a quella vitalità temporanea che tradisce la sua origine da una economia fiorente.
Peccato per la presenza qua e là, nel film, di punte di maschilismo, che mettono in ridicolo la donna coprotagonista del film, a cui è assegnato il solo compito di urlare, piangere, e aggrapparsi all’uomo ogni qualvolta che si presenta nella giungla e nel Tempio una situazione di pericolo: grosso difetto di carenza etica, questo, del film

Indiana Jones e il tempio maledetto, recensione di Biagio Giordanoultima modifica: 2020-04-11T14:38:35+02:00da biagiord
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