Il porto delle nebbie, recensione di Biagio Giordano

Il porto delle nebbie
(Le quai des brumes)
Fr. 1938
Genere: Dramm. Durata: 90′ Fotografia B.N.
Regia: Marcel Carné
Attori: Jean Gabin, Michèle Morgan, Michel Simon, Pierre Brasseur, Robert Le Vigan, Raymond Aimos

Dal romanzo Le Quai des brumes (1927) di Pierre MacOrlan.

Jean disertore dell’esercito coloniale francese, è arrivato a Le Havre con l’autostop, affamato e senza soldi, non ha progetti, vaga solitario accompagnato affettuosamente da un piccolo cane bianco randagio.

Per tutto ciò che riguarda la sua sopravvivenza, l’uomo lascia la decisione al caso, a ciò che fortuitamente incontra, non ha infatti intenzione di chiedere aiuto a nessuno.

Sarà un’altra solitudine, diversa dalla sua ma di sofferenza simile a salvarlo: quella del gestore di un bar del porto, che dopo una conversazione aspra e sincera capisce la drammaticità del soldato disertore e ne rimane coinvolto. Jean riceverà dal gestore cibo e vestiti e alcuni consigli su come proseguire la fuga.

Con documenti falsificati Jean pensa di imbarcarsi clandestinamente per il Venezuela, ma non ne è molto convinto, nel frattempo fa diversi incontri tra cui quello con la bella Nelly. Dopo una intensa notte d’amore con lei, Jean sorprende Zabel, ambiguo tutore di Nelly, mentre sta per violentare la donna. Nella inevitabile  colluttazione, dopo che Zabel, con un coltello ha tentato di uccidere Jean, quest’ultimo, pervaso da una furia ormai omicida, uccide il tutore (che era responsabile anche della morte in precedenza del fidanzato di Nelly a causa della propria gelosia morbosa).

Jean nel finale sarà poi ucciso per strada da un piccolo boss della malavita locale (che lui aveva più volte umiliato prendendolo pubblicamente a schiaffi per mancato rispetto verso la bella Nelly), e destino vuole che ciò accada proprio mentre si accingeva a imbarcarsi per il Venezuela. Con Nelly prima di essere ucciso si era aperto uno spiraglio per il loro futuro d’amore: una sorta di progetto scommessa: il ricongiungimento del loro amore nel Venezuela se la fortuna in quel paese almeno in un primo momento avesse assistito Jean.

Un film che si presta a diverse interpretazioni: simboliche, metaforiche-storiche, realistiche. Certamente gli effetti poetici nella narrazione la fanno da protagonisti dimostrando l’importanza delle forme artistiche della fotografia diretta da Carnè, fotogenicamente innovativa, tanto potente da comunicare allo spettatore la drammaticità che il film racchiude, utilizzando esclusivamente la via empatica-musicale-scopica più che intraprendere la difficile strada (per il cinema) della verbalizzazione di concetti intellettuali o filosofici.

Una tappa importante nella storia del cinema, un film che esalta la capacità artistica del linguaggio cinematografico quando non condizionato dall’industria cinematografica, tentata com’è quest’ultima di produrre così spesso film fotocopia per completare una chiara serie di successo al botteghino…

Biagio Giordano

ilportodellenebbie

Il porto delle nebbie, recensione di Biagio Giordanoultima modifica: 2020-11-03T23:16:49+01:00da biagiord
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