Changeling, recensione di Biagio Giordano

Changeling – Una storia vera

Changeling

USA 2008 Genere: Dramm. Durata: 141′ Regia: Clint Eastwood Attori: Angelina Jolie, John Malkovich, Jeffrey Donovan, Colm Feore, Michael Kelly, Jason Butler Harner, Amy Ryan

 

 Los Angeles, 1928. Christine Collins capo telefonista di una centrale di smistamento numeri utenti, madre nubile di Walter 9 anni, è una donna che è stata abbandonata dal suo convivente perché quest’ultimo era incapace di assumersi delle responsabilità verso il piccolo. Benvoluta dai capi nella sua attività di lavoro, la donna appare  contenta per  aver ricevuto una nuova allettante offerta di impiego.

Un giorno è chiamata a lavorare di sabato, la cosa la turba perché aveva promesso al figlio di portarlo al cinema, ma dopo alcune deboli resistenze accetta la chiamata.

L’indomani lascia quindi suo figlio Walter, che ha il broncio, solo in casa, raccomandandogli di mantenere un comportamento rispettoso, osservando le principali regole che  già conosce.

Al ritorno a casa della donna il figlio non c’è più. Dapprima incredula Christine lo cerca nei paraggi della casa pensando che poteva essersi messo a giocare con gli amici, ma invano. Sempre più angosciata capisce, dopo alcuni giorni, tutta la gravità della situazione, ma senza cedere alla disperazione inizia una energica e costante lotta per ritrovarlo, un’avventura tra vessazioni di ogni genere che durerà ben 7 anni.

La corruzione e il mancato rispetto di ogni procedura democratica a favore del cittadino, da parte  del Dipartimento di Polizia di Los Angeles, complicheranno i risultati delle ricerche. Quella della Polizia è da tempo una condotta scandalosa e autoritaria, più volte denunciata nelle omelie domenicane anche da un irreprensibile ministro presbiteriano del quartiere (John Malkovich).

5 mesi dopo infatti, il Dipartimento di Polizia di Los Angeles  consegna a Christine un bambino che dice di essere suo figlio Walter Collins. Lei non lo riconosce, capisce che è un altro, è più basso, circonciso, con dei lineamenti a lei del tutto stranianti e un carattere molto diverso.

Christine Collins chiede che l’errore di identità  (Changelins) venga ufficializzato, ma per tutta risposta è accusata dal capo della polizia di essere una madre snaturata, irresponsabile e isterica, e quindi da internare, senza alcune possibilità di difesa, in un manicomio della città.   Scoprirà essere un luogo fatto solo per malati veri, dove nel suo caso anziché adottare un finto protocollo di cura,  preferiranno estorcerle con una firma, sotto la minaccia di un elettroshock potente fuori da ogni regola manicomiale, un  consenso scritto, una dichiarazione con cui riconosce il bambino ricevuto dalla polizia come suo figlio Walter Collins.

La donna non cede e si avvia quindi a essere sottoposta ad un elettroshock molto pericoloso. Ma contemporaneamente un agente della polizia di Los Angeles scoprirà un Ranch dove sono stati abusati e uccisi da un pedofilo 23 bambini, tra cui secondo una testimonianza di un piccolo fuggitivo anche il piccolo Walter Collins,  la notizia  pubblicata il giorno dopo sui quotidiani, farà si che il ministro presbiteriano (un eccellente John Malkovich) trovi la forza di entrare nel manicomio e con il giornale in mano liberare la donna. Sulla scia mediatica suscitata dall’evento criminoso un bravo avvocato si propone di stare gratuitamente al fianco della donna nelle denunce che scatteranno nei confronti dei vertici della polizia.

Contemporaneamente si trova e si arresta lo psicopatico pedofilo omicida. I due processi, uno con l’accusa di omicidio nei confronti del  pedofilo, l’altro contro i vertici della Polizia di Los Angeles che hanno ignorato nel gestire l’evento ogni elementare regola civile, si svolgeranno in parallelo, appassionando tutta l’opinione pubblica occidentale.

È il film più vero  del “differente giovane” Eastwood, del tutto privo di orpelli consolatori rispetto a quanto di spaventoso accade  nel racconto, un film che potenzia la drammaticità dei suoi contenuti, sia dal punto di vista ambientale che dei costumi, (quest’ultimi ben comprensivi della mentalità più popolare legata al lavoro), grazie a una straordinaria magica verosimiglianza  nella ricostruzione della Los Angeles dell’epoca.

 Una storia vera di 92 anni fa,  che diventa per immagini, da  una parte una delle più impietose accuse al mondo amministrativo USA e dall’altro la valorizzazione della stampa e della partecipazione dei cittadini al sistema democratico USA come garanzia per  l’ottenimento a posteriori della giustizia sui responsabili dei più spaventosi fatti di sangue e di chi con il potere viola le principali regole democratiche.

Fotografia: Tom Stern, di alta professionalità. Regia e sceneggiatura di altissimo livello comunicativo. Musiche al piano di Clint Eastwood, mai da intendere come cornice del film bensì come parti significanti della composizione scenica.

Biagio Giordano

Changeling, recensione di Biagio Giordanoultima modifica: 2020-11-16T16:37:15+01:00da biagiord
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