La marcia su Roma, recensione di Biagio Giordano

La marcia su Roma è un film del 1962 diretto da Dino Risi

Italia 1919. Nell’immediato dopoguerra con un’Italia ancora mezza affamata e provata da lutti spaventosi, un ex-combattente, Domenico Rocchetti (Vittorio Gasman), si ritrova disoccupato, con le scarpe bucate, solitario, nonché affamato, a Milano, costretto a vivere alla giornata raggirando le persone che più li sembrano timide o disponibili. Il tutto presentandosi con una falsa identità.

Quando contatterà un passante che risulterà essere stato un suo ex-capitano, iscritto dopo la guerra al partito fascista, Rocchetti verrà, per quanto riguarda le sue false onorificenze esibite, smascherato e schiaffeggiato, dopo di ché sulla scia del senso di colpa cui va inevitabilmente incontro una persona scoperta nel suo voler ingannare gli altri, egli viene  convinto ad iscriversi al partito di Mussolini.

Rocchetti ha accettato non solo per fame ma anche perché colpito dal programma politico che il fascismo diffondeva tra le masse, esso appariva impregnato di idee socialiste e comuniste (ad esempio la terra ai contadini e abolizione dei titoli nobiliari, nonché sconfitta della povertà dando lavoro).

Il partito fascista è in piena campagna elettorale e Rocchetti sempre più convinto aiuta il suo ex capitano nei comizi nelle campagne. Ma i fascisti nel Paese non hanno ancora l’autorità che Ronchetti pensava.

Nelle campagne quindi numerosi sono gli scontri tra squadristi e contadini, quest’ultimi legati per interesse di sopravvivenza alla proprietà dei nobili di cui difendono quindi la loro legittimità a possedere le terre.

In uno di questi scontri Rocchetti, brutalmente aggredito, riesce a fuggire; si rifugia in una stalla di una casa rustica dove incontra Umberto Gavazza (Ugo Tognazzi), che appare dapprima molto ostile nei suoi confronti, e che è un contadino suo ex-commilitone, ora aderente al Partito Popolare cattolico.

Tra i due dopo una naturale diffidenza di Gavazza dovuta al troppo tempo passato senza vedersi, si rinnova un certo legame, sopratutto quando il cognato di Gavazza, Cristoforo, anche lui abitante in quella casa rustica, e convinto socialista antifascista, manda via di casa Rocchetti perché non sopporta fascisti nella sua abitazione. Per solidarietà verso l’ex amico, così maltrattato, Gavazza segue Rocchetti diventando il suo futuro compagno di avventure.

Gavazza anche lui suggestionato dal programma politico socialista dei fascisti si iscrive al partito di Mussolini.

I due amici un giorno si troveranno insieme ai loro camerati per far pulizia in un quartiere di Milano reso sporco dallo sciopero degli spazzini milanesi. Quel lavoro pur necessario non risulterà gradito agli scioperanti, che mandano sul posto una delegazioni di forzuti pronti a menar le mani.

Tra i netturbini e i fascisti nasce uno scontro violento che causa l’intervento dei carabinieri a cavallo, uno di quest’ultimi, nella foga, viene colpito da Rocchetti con un attrezzo di pulizia.

Tutti e due verranno condannati e messi in galera per quasi due anni, ma saranno liberati dalle organizzazioni squadriste, cresciute nel frattempo in numero e in potere.

La liberazione dal carcere avverrà senza che la polizia riesca a opporre resistenza.

Rocchetti e Gavazza, successivamente, dopo aver assistito a numerose violenze gratuite dei fascisti e aver fatto esperienza delle contraddizioni presenti nel comportamento della milizia rispetto alla parte etica del programma voluto da Mussolini, si defileranno dall’organizzazione fascista, assistendo ai successivi eventi politici come normali cittadini propensi per vivere a cercarsi finalmente un lavoro.

Nel frattempo gli squadristi marciano vittoriosi su Roma, e giunti nella capitale il Re, dopo essersi consultato con i suoi collaboratori più stretti, accetta la permanenza al governo dei fascisti sperando però in cuor suo, (come nel film dirà) che la presenza duri solo qualche mese…

Film sarcastico, ironico, ben girato e interpretato da due attori campioni, una pellicola che prende di mira ridicolizzandolo ogni aspetto della scalata fascista al potere, senza però risparmiare i due protagonisti suggestionati dalle camice nere, che sono presi nel finale come esempio  del trasformismo tipico, all’epoca, del popolo italiano, un popolo che finirà infatti per accettare, pur spesso malvolentieri, la dittatura fascista per più di 20 anni…

Fotografia in bianco e nero da oscar.

Biagio Giordano

La marcia su Roma

 

La marcia su Roma, recensione di Biagio Giordanoultima modifica: 2021-04-19T10:18:55+02:00da biagiord
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